domenica 21 marzo 2010

Animali di città

Granada, domenica pomeriggio. Pioggia. Non diluvio, ma pioggia.
Ci sono i miei che sono venuti a trovarmi e decidiamo, visto il tempo, di andare a vedere un film al cinema.
Il cinema si trova in un centro commerciale, e, quando arriviamo, ha un che di postapocalittico la visione che mi si para innanzi: i negozi del centro commerciale sono tutti chiusi. Di aperto ci sono solo il cinema, i bar e i fast-food (uno dei quali si chiama Food Factory, e il nome mi sembra già tutto un programma) ma comunque il centro pullula di gente che, trovando quasi tutto chiuso, vaga spaesata per gli ampi corridoi illuminati al neon e si va a raccogliere nei vari punti di ristoro.
Dalle parerti di vetro di più di un fast-food si scorgono le gabbie da criceti per bambini, dove essi giocano sotto vetro fra mille palline colorate con i colori primari e strutture di rete a più piani.
Da piccola avevo paura delle palline colorate: non riuscivo a capire cosa ci fosse sul fondo, sembrava infinito, mi sembrava di trovarmi nelle sabbie mobili...e temevo che se vi avessi affondato troppo la mano avrei potuto farmi male. Mi facevano senso, tutte quelle palline di plastica, e poi c'erano quelle che erano state schiacciate e che si riconoscevano al tatto perché avevano il bordo. E tutti quei bambini, che correvano urlando su e giù. No, non mi fidavo molto delle palline colorate, quando ero piccola, anche se devo ammettere che erano spassose, tutto sommato.
Altri bambini, un po' più grandi, invece si intrattenevano facendo su e giù, sdraiati sul tappeto mobile che collega i vari piani del centro, mentre esemplari umani più adulti disfruttavano delle poltrone-massaggiatrici campione poste in più angoli dei corridoi.
L'atmosfera che regnava era di attonita tranquillità, e i mille suoni presenti, quelli delle voci, quelli della radio, la musica che usciva dai vari locali, si disperdevano nell'ambiente dagli alti soffitti a volta, mescolandosi e producendo una leggera eco.
Solo io, apparentemente annoiata, sentivo salire dentro di me un'ondata di inquietudine, simile al panico. E mi è già tanto familiare ormai, quell'onda, che quasi non mi fa più paura. Ma la strana sensazione alla bocca dello stomaco e ai polmoni, quella specie di apnea, resta, e la riconosco, ed è più o meno la stessa di quando mi trovavo nella gabbia delle palline colorate. Solo che ora la gabbia è molto più grande.

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